sabato 16 febbraio 2008

Il voto in Nevada

Washington D.C. – Circus Circus, Venetian e Treasure Island sono solo alcuni tra i nomi dei grandi hotel e casinó affacciati sullo Strip, un viale ampio, colata di cemento armato, che attraversa il cuore di Las Vegas, capitale americana del gioco d’azzardo e dello spogliarello. Milioni di turisti americani corrono qui ogni anno per giocarsi alle slot-machine gli spiccioli rimasti dopo aver acquistato l’assicurazione sanitaria privata, pagato la benzina per il monovolume e aver finanziato con le loro tasse una nuova iniezione di dollari nella guerra in Iraq. In quegli stessi stabilimenti turistici che si estendono per chilometri e si innalzano per decine di piani, centinaia di migliaia di camerieri, inservienti e addetti alle pulizie si alzano all’alba per rifare i letti e lavare i piatti nel tentativo di mettere assieme uno stipendio sufficiente ad arrivare alla fine del mese.

I carrozzoni elettorali di Hillary Clinton, Barack Obama e John Edwards sono parcheggiati in questo deserto del sudovest del paese già da alcuni giorni e lavorano incessantemente per conquistare il voto degli elettori locali. La competizione è talmente serrata che fare una previsione sull’esito delle primarie di sabato mattina è praticamente impossibile. Il giornalista Kirk Caraway, reporter del Nevada Appeal, un quotidiano con sede nella capitale dello stato Carson City, dice: “Nessun sondaggio riuscirà a predire il risultato di questa elezione; si può solo tirare ad indovinare.”

Innanzitutto, per la prima volta nella sua storia lo stato ha deciso di tenere dei caucus anziché un’elezione a scrutinio segreto. Di conseguenza tutti si domandano quale sarà la reazione dell’elettorato democratico alla nuova modalità di voto e in quale percentuale i membri del partito parteciperanno alla discussione. In secondo luogo, il Nevada ha deciso
quest’anno di anticipare la data di queste riunioni di partito all’inizio dell’anno. Tradizionalmente i residenti di questo stato votavano nella tarda primavera, quando in realtà la scelta era già stata determinata dal voto negli altri stati. Nel 2008, invece, i democratici del Nevada si riuniscono in un momento in cui la corsa è ancora aperta e quindi possono avere un impatto significativo sul proseguimento della campagna.

A questo si aggiunge l’incognita rappresentata dalla composizione demografica dello stato; “La popolazione del Nevada, per 9 degli ultimi 10 anni, ha avuto il tasso di crescita più alto del paese. Ciò significa che ci sono tanti elettori che non hanno radici qui. E’ un luogo caratterizzato da grande mobilità”, mi spiega Kirk Caraway. “In più i residenti di origine ispanica sono aumentati molto, un elemento che ancora non abbiamo visto in Iowa e New Hampshire”. Il U.S. Census Bureau, che pubblica le statistiche ufficiali sulla demografia degli Stati Uniti per il governo americano, riporta che nel 2006, quando fu condotto l’ultimo studio, gli ispano-americani costituivano il 24,4% dei cittadini del Nevada. La media nazionale e’ 14,8%.

Mentre si attende che i neri americani siano un fattore decisivo nelle primarie del 26 gennaio nella Carolina del Sud (secondo il U.S. Census Bureau nel 2006 gli afro-americani rappresentavano il 29% della popolazione dello stato contro il 12,8% a livello nazionale), gli elettori ispanici saranno probabilmente il fattore determinante in Nevada. Obama e Clinton hanno ingaggiato un duello serrato per cercare di ottenerne il sostegno. Entrambi hanno creato campagne pubblicitarie televisive e radiofoniche in spagnolo e impiegano un gran numero di lavoratori bilingui (Questo il piu' recente tra gli spot trasmessi da Obama in spagnolo). L’ex-first lady è, tra i vari contendenti, quella che coltiva da più tempo rapporti positivi con la comunità ispano-americana. Barack Obama cerca di competere portando all’attenzione, nei suoi comizi, la propria esperienza con problematiche importanti per questo gruppo etnico. “Se gli elettori d’origine ispanica guardano al mio passato, sono convinto che si convinceranno che, una volta eletto, sarò difensore appassionato del diritto all’eguaglianza e alla giustizia,” Obama ha dichiarato lunedì in un intervista con J. Patrick Coolican, reporter del Las Vegas Sun.

L’industria alberghiera è un’altra componente di importanza fondamentale. L’economia dello stato dipende direttamente dal giro d’affari mosso dal gioco d’azzardo, soprattutto a Las Vegas e Reno, con gli hotel, ristoranti, locali notturni e teatri che sono costruiti per ospitare i casinò ed attirare i turisti. Per questa ragione il Nevada è la patria di un esercito di lavoratori impiegati nell’industria dei servizi, e dei sindacati più potenti degli Stati Uniti.

Dopo il New Hampshire, e nonostante la vittoria di Hillary Clinton, due tra le principali organizzazioni di lavoratori hanno dichiarato il loro sostegno ufficiale per Barack Obama. La Culinary Workers Union rappresenta qui più di 60.000 lavoratori, mentre Service Employees International Union conta 17.500 membri sparsi per tutto lo stato. Nonostante questo, Hillary è venuta personalmente a bussare alle porte delle case di un quartiere, nel nordest di Las Vegas, abitato da un gran numero di appartenenti ai Culinary Workers. Il suo messaggio, nell’opinione di J. Patrick Coolan del Las Vegan Sun, è che “le dichiarazioni dei dirigenti non significano nulla e che i membri del Culinary dovrebbero seguire la propria coscienza individuale e non l’ordine del Segretario del sindacato”.

John Edwards, fanalino di coda nella corsa dopo le sconfitte in Iowa e New Hampshire, non ha ancora abbandonato i propri sogni presidenziali. Il New York Times riporta che lunedì David Bonior, il capo della campagna nazionale di Edwards, ha dichiarato ai giornalisti in una conferenza telefonica dal Nevada; “La corsa alla nomination è ancora aperta e questo è un ottimo segno per John Edwards che si avvicina con fiducia al voto in Nevada e South Carolina.”

Per un elettorato dall’alto tasso di mobilità e fatto d’immigrati e di lavoratori sotto-pagati, la risoluzione della guerra in Iraq non è vissuta qui come la priorità più impellente. Questi sono luoghi in cui la gente deve confrontarsi quotidianamente con le conseguenze di un’economia in crisi, ed e’ proprio il tema dell’economia che nell’ultima settimana ha assunto il ruolo centrale nelle campagne dei contendenti. Clinton, Edwards e Obama hanno presentato uno dopo l’altro i propri piani per il lancio di un pacchetto di aiuti economici diretto a coloro che sono stati colpiti più duramente dal problema dei mutui subprime. E l’economia e’ stata al centro del dibattito televisivo trasmesso martedì sera in diretta da Las Vegas dal network MSNBC, in cui i tre leader del partito democratico, dopo una settimana di schermaglie, hanno usato toni calmi per discutere dei loro programmi in dettaglio. Hillary Clinton ha persino dichiarato; “Siamo tutti parte di una grande famiglia, noi del partito democratico.”

Il quotidiano Reno Gazette-Journal ha condotto delle interviste telefoniche tra gli elettori democratici del Nevada tra l’11 e il 13 gennaio e i risultati del sondaggio mostrano una situazione molto incerta; Obama avrebbe il 32% delle preferenze, Clinton il 30%, e Edwards il 27%. Questi numeri sono all’interno del margine di errore statistico e quindi rendono impossibile delle previsioni accurate: bisognerà attendere i risultati reali che usciranno dai caucus sabato mattina per scoprire quale direzione prenderà la corsa democratica alla presidenza.

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