martedì 15 aprile 2008

Italia vs. Stati Uniti



Nel tentativo di cercare spiegazioni ai risultati del voto del 13 e 14 aprile in Italia, ho parlato con Cristian Vaccari a proposito delle differenze nel far campagna elettorale in Italia e negli Stati Uniti. Cristian Vaccari e' un ricercatore presso l'Universita' di Bologna e si occupa di comunicazione politica e nuove tecnologie, in particolare in Italia e negli Stati Uniti. Nel 2004 era a Washington a seguire le presidenziali americane con l'obiettivo di studiare il lavoro degli strateghi di George W. Bush e John Kerry. Vaccari si occupa di queste tematiche da quasi dieci anni.

From the Field: Negli Stati Uniti, generalizzando, si puo' descrivere una campagna elettorale come fatta dei seguenti segmenti; attivita' in prima persona dei candidati (raduni, conferenze, eventi vari, apparizioni televisive, dibattiti), la campagna mediatica fatta di spot pagati, invio di materiale informativo cartaceo, il sito web ufficiale e attivita' collegate, e infine la parte grassroot, quella dei volontari che bussano alle porte delle case e telefonano alla gente per convincerla a votare per l'uno o per l'altro candidato. Esiste qualcosa di simile in Italia? Come descriveresti altrimenti le varie componenti di una campagna all'italiana? Quale aspetto e' ritenuto come il piu' importante?

Vaccari: La differenza principale tra le campagne elettorali USA e quelle italiane è che le prime sono incentrate soprattutto sui candidati, mentre quelle italiane, dal punto di vista organizzativo, sono ancora più legate ai partiti, come del resto avviene in tutta Europa. Quindi, le attività condotte sono tutto sommato simili, ma in Italia la mobilitazione sul territorio passa ancora soprattutto attraverso i partiti, così come sono membri di partito coloro che si occupano della comunicazione sui media e della creazione dei siti internet.
In Italia è sempre esistita una forte attività di mobilitazione sul territorio, non solo nella vecchia "Prima Repubblica" (si pensi al pullman di Prodi nel 1996), ma sicuramente a partire dal 1994 la televisione ha assunto un ruolo centrale, talvolta ipertrofico, cosicché diversi partiti hanno un po' abbandonato l'attività sul territorio. Eppure, le ricerche dimostrano che la comunicazione interpersonale e faccia a faccia ha ancora un ruolo significativo nella vita delle persone e nell'influenzare le scelte di voto. Chi la sottovaluta lo fa a proprio rischio e pericolo. Un'altra differenza tra USA e Italia è che nel nostro paese non si possono utilizzare gli spot televisivi, che invece sono al centro delle campagne elettorali statunitensi. D'altra parte, il giornalismo politico italiano è molto meno "challenging" rispetto al potere politico di quello statunitense, consentendo spesso ai politici di parlare indisturbati di fronte alla telecamera. Infine, nel nostro paese non si sono ancora viste innovazioni davvero significative e convinte nell'uso delle nuove tecnologie: i siti internet esistono, ma non hanno ancora fatto breccia come strumento non solo di informazione, ma anche di partecipazione nella campagna elettorale.

From the Field: Qual'e' la tua opinione a proposito dell'attivismo politico dei nostri concittadini? Chi si mobilita, in quali occasioni e quanto?

Vaccari: La quota di persone che si mobilita è sempre piuttosto ristretta e corrisponde a coloro che sono iscritti ai partiti oppure fanno parte di associazioni e reti di impegno locale sul territorio. Gli italiani non sono un popolo particolarmente attivo, soprattutto dopo che si sono indebolite le grandi organizzazioni dei partiti di massa, e la cultura civica nel nostro paese non è mai stata particolarmente forte. Tuttavia esistono strati di militanti o di simpatizzanti attivi che possono mobilitarsi non a tempo pieno, ma in seguito a eventi particolari, non solo la campagna elettorale, ma anche ad esempio le "primarie", che in effetti hanno sempre avuto esiti notevoli dal punto di vista dell'affluenza elettorale. Questa campagna elettorale però non sembra essere particolarmente partecipata, come del resto era avvenuto anche nel 2006, e questo perché gran parte della comunicazione politica è appiattita sulla televisione.

From the Field: Pensi che il modo di fare campagna elettorale in Italia sia cambiato negli ultimi 10-20 anni, come? O continua a seguire strategie tradizionali?

Vaccari: E' cambiato nel senso della centralità della televisione che è diventata ineludibile e ha in gran parte rimpiazzato le reti tradizionale di comunicazione, che erano invece legate soprattutto a partiti e sindacati. Non è però cambiata in modo altrettanto significativo per quanto riguarda l'attenzione verso il cittadino, l'esigenza di comunicare con lui anche nei momenti non elettorali, l'importanza di sintonizzarsi sulle esigenze dell'opinione pubblica anziché cercare di "venderle" un prodotto comunque già confezionato. Inoltre, la mediatizzazione della politica rende necessario anche un recupero delle forme di partecipazione diretta e di dialogo tra politica e cittadinanza, ma di questo non si vede traccia ed è una delle spiegazioni dell'antipolitica e della crisi di legittimazione dei partiti e delle istituzioni.

From the Field: Quali sono state le cause trainanti dei cambiamenti e i modelli d'ispirazione?

Vaccari: Il successo di Berlusconi nel 1994 ha insegnato a tutti che occorre avvalersi di strumenti quali il news management, i sondaggi, i focus group e le tecniche di costruzione di immagine, spesso importate, un po' acriticamente, proprio dagli USA. Tuttavia all'estero la comunicazione politica non è più soltanto "televisiva" da diverso tempo, nel senso che si sono introdotte altre innovazioni, prima tra tutte internet, mentre in Italia restiamo un po' ancorati al modello che negli USA e in Inghilterra si è affermato negli anni Ottanta con Reagan e la Thatcher: quello di una comunicazione molto incentrata sulla televisione, sul broadcasting generalista, sul bombardamento pubblicitario. Invece, sia la politica sia le aziende a partire dagli anni Novanta hanno iniziato a ripensare e modificare questo modello, ma non la politica italiana.

From the Field: In che modo l'avvento di Berlusconi in politica abbia influenzato il modo di fare campagna elettorale in Italia?

Vaccari: Sì e ho già risposto nelle domande precedenti. Aggiungo che soprattutto nella sinistra italiana c'è una sorta di ossessione per cui si imputa il successo di Berlusconi solo all'uso delle tecniche di comunicazione mass-mediatica, rifiutando così di comprendere come il suo successo sia dovuto anche e soprattutto all'attrattività della sua proposta, personale e politica, per larghi settori dell'elettorato. Alcuni invece continuano a illudersi che basti copiare le tecniche di Berlusconi per vincere le elezioni, o viceversa che Berlusconi continui ad avere successo solo perché controlla alcune televisioni e sa gestire bene la sua presenza mediatica.

From the Field: E la politica americana? Che impatto ha sulle campagne nostrane?

Vaccari: Viene certamente vista come un modello da seguire, anche per la notevole propensione "esterofila", spesso provinciale, dei nostri concittadini e di molti commentatori. Si alternano momenti di ammirazione per gli USA e drastici ammonimenti a ricordare che "Qui non è mica l'America!". In genere, si ignora quasi tutto quello che c'è da sapere sul sistema politico e sul sistema dei media USA, così come si fatica enormemente a comprendere la complessità della società statunitense.

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