lunedì 31 marzo 2008

Deregulation/2

Washington DC - La settimana scorsa ho incontrato Philip Mattera, ex-giornalista economico (in passato con Fortune Magazine) e oggi ricercatore e analista per Corporate Research Project, un programma creato dalla non-profit di Washington DC Good Jobs First e volto alla ricerca strategica del comportamento delle aziende che ricevono sussidi federali e statali. Lo scopo di Good Jobs First, ed in particolare di Corporate Research Project e' di promuovere la trasparenza nelle relazioni tra il governo e i privati. Fra le varie risorse create da questa organizzazione, e da Phil Mattera in particolare, vi consiglio di guardare il blog Dirt Diggers Digest.
Con Mattera ho parlato delle origini della crisi economica, toccando punti simili a quelli sollevati dall'articolo di The Nation che vi avevo proposto ieri.
Quello che e' accaduto, nell'opinione di Mattera, e' che "le banche e i loro consulenti finanziari sono diventati avidi e hanno cominciato a ristrutturare i loro prestiti in modo da attrarre anche coloro che non se ne sarebbero potuti permettere alcuno".
Cosi' facendo, le banche americane hanno messo la nazione davanti ad un dilemma sociale. "Da un lato", ha sottolineato Mattera, "e' una cosa positiva che anche ai poveri sia offerta l'opportunita' di acquistare una casa di proprieta'. Dall'altro, nessuno pare aver tenuto conto del fatto che questa gente era, per l'appunto, povera".
I problemi sono stati ulteriormente aggravati dal fatto che i consulenti finanziari incaricati di vendere i mutui erano pagati sulla base del numero di prestiti firmati, e dunque erano incoraggiati a vendere a chiunque. "Pare che qualcuno sia arrivato addirittura a falsificare le informazioni sul reddito dei richiedenti per poter concedere mutui a chi altrimenti non avrebbe avuto accesso a questo strumento finanziario".

Quanto alle cause istituzionali della crisi, come Jeff Faux su The Nation, Mattera e' convinto che siano da attribuire "agli anni di deregolamentazione che hanno preceduto questa recessione ed in particolare alla fine della distinzione tra banche commerciali e banche di investimento". Tale differenziazione era stata creata dopo la Grande Depressione a mo' di ammortizzatore, uno strumento per difendere i piccoli debitori dalle fluttuazioni dei mercati finanziari internazionali. "Da quando fu passato il Glass-Steagall Act nel 1933, le banche commerciali dovettero limitarsi a gestire presiti e mutui, mentre le banche d'investimento scambiavano strumenti finanziari complessi, si occupavano delle acquisizioni ed unioni di varie altre istituzioni finanziarie, e garantivano le transazioni delle corporation," racconta Mattera. "Eppure negli anni novanta, le grandi istituzioni finanziarie hanno fatto pressione sul governo affinche' mettesse fine a tale regolamentazione (tra esse in particolare fu importante il ruolo di Citibank, che infatti si occupa di entrambi gli aspetti della finanza). Tale sviluppo rese piu' sottile il cuscino protettivo che stava tra il piccolo debitore e i mercati, creando una relazione diretta tra il servizio finanziario reso ad attori marginali e poveri e l'industria finanziaria mondiale."

La crisi, infine, e' anche attribuibile al modo in cui gli investitori hanno modificato le proprie strategie d'investimento. Un buon esempio di cio' sono, secondo Mattera, i fondi pensioni. "Tradizionalmente si trattava di investitori molto prudenti. Dalla creazione di strumenti quali gli hedge funds e le equity, anche i gestori dei fondi pensione hanno capito che avrebbero potuto realizzare profitti molto piu' alti. Grazie in gran parte all'azione di convincimento portata avanti dalle banche d'investimento, anche questi gestori hanno cominciato ad accettare investimenti a maggior rischio a fronte di interessi piu' elevati".
La conclusione di Mattera e' che "oggi la liquidita' dei mercati si e' asciugata e non abbiamo certo ancora visto la fine della crisi".
A tutto questo va aggiunto un problema intriseco alla societa' e all'economica americana. Mattera mi dice; "Il fatto e' che gli americani sono stati educati da sempre a spendere di piu' di quello che guadagnano nella convinzione che i propri salari aumenteranno indefinitamente in futuro e dunque gli permetteranno comunque sempre di ripagare i debiti in cui incorrono per soddisfare la propria propensione al consumo. Questo e' il presupposto del ragionamento. Ora, pero', tutto d'un tratto, i salari non stanno piu' crescendo e nemmeno i prezzi degli immobili..." E gli americani non sembrano attrezzati psicologicamente per questa sfida.

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