Washington DC - Il Wall Street Journal e' il bastione del capitalismo americano, il difensore ultimo del libero mercato, porta il nome della strada su cui si trova la borsa di New York ed e' oggi di proprieta' di uno dei piu' ricchi e potenti magnati dell'industria globale delle comunicazioni; Rupert Murdoch. Eppure, persino questo Sole 24 Ore a stelle e strisce pubblica oggi due articoli che affrontano una serie di problemi legati all'assenza di regolamentazioni serie del funzionamento dei mercati.
Nel pezzo di Elizabeth Williamson, si parla di come i venti politici a Washington stiano girando, dopo quasi trent'anni, dall'approccio estremamente liberale lanciato da Ronald Reagan agli inizi degli anni ottanta ad una filosofia politica che vede un ruolo assai piu' centrale per il governo nel controllo degli scambi di mercato. E questo cambiamento nell'atmosfera politica della capitale americana parebbe essere bipartisan, condiviso sia dai democratici che dai repubblicani, nonostante sia il partito dell'asinello ad esserne il piu' convinto sostenitore.
Dalla crisi dei mutui casi al crollo dei mercati finanziari, dagli scandali legati alla bassa qualita' di giocattoli provenienti dalla Cina e messi in vendita negli Stati Uniti a rischio degli acquirenti alle carni di manzo che sono arrivate nelle vetrine dei negozi per poi dover essere ritirate in massa perche' si e' scoperto che non avevano passato i test di sicurezza, gli americani paiono volere oggi un intervento piu' sostanziale da parte del governo nel proteggere il cittadino-consumatore del nuovo millennio.
Nel secondo pezzo, Justin Lahart, Patrick Barta e Andrew Baston, affrontano il problema della competizione mondiale per le risorse naturali, quali il petrolio, ma anche e sopratutto l'acqua ed il cibo. Analizzando la crescita di paesi popolosi come l'India e la Cina, e il conseguente rialzo della domanda di energia e acqua, i tre reporter del Wall Street Journal si domandano se, come fino ad ora e' capitato (perlomeno a vantaggio dell'occidente), i mercati saranno in grado di rispondere efficientemente allo spostamento delle curve di domanda e offerta, adattando i prezzi in modo tale da mantenere l'allocazione delle risorse entro i limiti in cui il nostro pianeta e' in grado di metterne a disposizione. Il Wall Street Journal scrive; "le forze economiche potrebbero non essere sufficienti, questa volta, a risolvere i problemi. Societa' diverse tra loro come gli Stati Uniti e la Cina sono caratterizzate da una resistenza politica interna forte ad ogni tentativo di alzare il prezzo dell'acqua per incoraggiarne un uso efficiente, in particolare da parte degli agricoltori. Inoltre, quando risorse come l'acqua sono condivise tra nazioni differenti, stabilire un sistema di prezzi puo' diventare davvero difficile. E in molti paesi in via di sviluppo, i sussidi all'industria alimentare rendono meno probabile che i prezzi crescano e diventino il motore di un cambiamento."
Quello che e' interessante, al di la' del contenuto dei due articoli che comunque vale la pena leggere, e' che anche un giornale come il Wall Street Journal comincia a chiedersi oggi se la deregulation sia andata troppo in la'. La crisi economica che sta travolgendo il paese pare stia dando motivi di riflessione a molti osservatori, liberal e conservatori che siano. Nonostante il Wall Street Journal, nella tradizione americana del giornalismo "obiettivo", non prenda una posizione precisa, questi articoli segnalano tale momento di riflessione.
Dalla crisi dei mutui casi al crollo dei mercati finanziari, dagli scandali legati alla bassa qualita' di giocattoli provenienti dalla Cina e messi in vendita negli Stati Uniti a rischio degli acquirenti alle carni di manzo che sono arrivate nelle vetrine dei negozi per poi dover essere ritirate in massa perche' si e' scoperto che non avevano passato i test di sicurezza, gli americani paiono volere oggi un intervento piu' sostanziale da parte del governo nel proteggere il cittadino-consumatore del nuovo millennio.
Nel secondo pezzo, Justin Lahart, Patrick Barta e Andrew Baston, affrontano il problema della competizione mondiale per le risorse naturali, quali il petrolio, ma anche e sopratutto l'acqua ed il cibo. Analizzando la crescita di paesi popolosi come l'India e la Cina, e il conseguente rialzo della domanda di energia e acqua, i tre reporter del Wall Street Journal si domandano se, come fino ad ora e' capitato (perlomeno a vantaggio dell'occidente), i mercati saranno in grado di rispondere efficientemente allo spostamento delle curve di domanda e offerta, adattando i prezzi in modo tale da mantenere l'allocazione delle risorse entro i limiti in cui il nostro pianeta e' in grado di metterne a disposizione. Il Wall Street Journal scrive; "le forze economiche potrebbero non essere sufficienti, questa volta, a risolvere i problemi. Societa' diverse tra loro come gli Stati Uniti e la Cina sono caratterizzate da una resistenza politica interna forte ad ogni tentativo di alzare il prezzo dell'acqua per incoraggiarne un uso efficiente, in particolare da parte degli agricoltori. Inoltre, quando risorse come l'acqua sono condivise tra nazioni differenti, stabilire un sistema di prezzi puo' diventare davvero difficile. E in molti paesi in via di sviluppo, i sussidi all'industria alimentare rendono meno probabile che i prezzi crescano e diventino il motore di un cambiamento."
Quello che e' interessante, al di la' del contenuto dei due articoli che comunque vale la pena leggere, e' che anche un giornale come il Wall Street Journal comincia a chiedersi oggi se la deregulation sia andata troppo in la'. La crisi economica che sta travolgendo il paese pare stia dando motivi di riflessione a molti osservatori, liberal e conservatori che siano. Nonostante il Wall Street Journal, nella tradizione americana del giornalismo "obiettivo", non prenda una posizione precisa, questi articoli segnalano tale momento di riflessione.
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