Elia Boggia e' un giovane milanese da qualche anno trapiantato negli Stati Uniti. Ha una laurea in Scienze Politiche dall'Universita' di California a Santa Barbara, una storia di attivismo politico, e oggi lavora per una societa' di comunicazione a Washington DC. Nel tempo libero si dedica, fra le altre cose, a sostenere la campagna di Barack Obama in giro per il paese. Per From the Field scrive della sua personale esperienza sul campo in Ohio.
Il viaggio e’ piu’ lungo del previsto. Il tragitto da Washington, DC a Columbus – la capitale dello stato che questa settimana e’ stato incaricato di definire il futuro politico di una certa signora Clinton – sarebbe dovuto esser stato meno di sette ore. Invece, piu’ di otto ore dopo la partenza, siamo ancora persi nelle autostrade dell’Ohio, semi-schiacciati sul pullman generosamente finanziato da numerosi sostenitori di Barack Obama. Il viaggio per portare centinaia di volontari dalla capitale Americana al Buckey State e’ stato pensato, organizzato e finanziato nel giro di una settimana: appena i risultati del Distretto di Columbia si erano concretizzati – con tanto di vittoria da 50 punti - il gruppo DC for Obama ha messo in moto il progetto per continuare a contribuire alla campagna elettorale del senatore dell’Illinois. E nel giro di sei o sette giorni c’erano, tutt’ad un tratto, soldi a sufficienza per garantire trasporto e cibo per tutti, quattro pullman prenotati e, specialmente, centinaia di persone disposte a rinunciare al proprio fine settimana per andare a parlare della visione di Barack Obama con completi sconosciuti. Arriviamo tardi il venerdi’ sera. Alcuni scendono ad un motel modesto, altri procedono verso la YMCA locale, dove i volontari possono risparmiare soldi e dormire sul pavimento della palestra.
La colazione il sabato mattina e’ una piacevole sorpresa: oltre ai soliti muffins e ciambelle ci sono anche della frutta fresca, dello yogurt, e tanto succo d’arancia. Ed e’ proprio durante questa prima colazione che si nota per la prima volta in questo viaggio l'energia e diversità di questo gruppo. Siamo tre, quattro cento, solamente quelli venuti da Washington, DC. Siamo giovani universitari, trentenni e pensionati; bianchi, neri, e ispanici; appassionati di politica e non. Tutti con lo stesso sogno, la stessa passione, lo stesso obbiettivo.
I membri dello staff di Obama ci danno un po’ di indicazioni e poi via. Via per le strade di Columbus, armati di una lista di nomi e indirizzi, una penna, una manciata di volantini da appendere alle porte, e tanta voglia di parlare con chiunque ci apra in questo freddo sabato di inizio marzo.
Una giovane ragazza americana mi ferma, mentre sto per rientrare in macchina, e mi chiede: “scusa, sei tu che guidi? Ti dispiace se vengo in macchina anch’io? Sono con CNN e voglio registrare un po’ d’immagini per un servizio sulla campagna di Obama qui in Ohio. Sono molto piccola, non occupero’ molto spazio!” La giovane giornalista si e’ guadagnata un posto in macchina, e non e’ una cosa da niente visto che ora siamo in sei schiacciati in un veicolo piu’ europeo come dimensioni che non americano.
Arriviamo nel primo quartiere che ci e' stato assegnato: abitato soprattutto da studenti di Ohio State University, il sabato mattina in pochi paiono in condizioni di rispondere al citofono. La giovane giornalista segue due dei miei amici mentre vanno da porta a porta, e le loro avventure finiranno sul sito CNN.com nel tardo pomeriggio: non mentiva la ragazza!
Il quartiere studentesco fatto di palazzi ed appartamenti non e’ un successo: la maggior parte dei nomi che abbiamo sulla lista non coincidono con le persone che in effetti abitano dietro le porte che stiamo bussando. Gli studenti, d’altra parte, cambiano sistemazione molto spesso.
Finita la prima missione del giorno, chiamiamo la campagna alla ricerca di un passaggio in macchina; in meno di dieci minuti arriva un ragazzo nero di venticinque anni che fa l’avvocato a New York – ci da' un passaggio verso il quartier generale di Obama a Columbus. Io e i miei compagni di avventura cerchiamo di conoscere questo James, e scopriamo che si e’ preso due giorni di vacanza per restare in Ohio fino al martedi’ – giorno dell’elezioni – e seguire le operazioni di voto per verificare che tutto proceda come previsto. Come molti altri laureati in (o studenti di) legge sostenitori di qualsiasi candidato alla Casa Bianca, il suo compito durante l’election day non sara’ andare da porta a porta cercando di far votare il maggior numero di gente possibile, ma invece consistera’ nel sedere ai seggi e accertarsi che non ci siano irregolarità.
Salutiamo James e siamo pronti per il pranzo. Il cibo non e’ ancora arrivato, e sul tavolo nella sala piu’ grande della sede centrale ci sono solo snack piuttosto malsani. Quando finalmente arriva il cibo, ci facciamo due panini veloci, raccogliamo un po’ di patatine qua e la’, e poi ripartiamo per la nostra seconda missione: questa volta finisco in un quartiere di alto livello, popolato da famiglie benestanti. Qui l’atmosfera e’ migliore rispetto alla mia esperienza mattutina, e la gente e’ tutto sommato contenta di vedermi. Addirittura mi capita ben due volte di bussare alla porta di una persona che ha fatto volontariato per la campagna di Obama, e che mi chiede preoccupato se sono sufficientemente riparato dal freddo o se voglio entrare per una bibita calda (verso sera ci aggiravamo attorno ai nove gradi centigradi).
Di quelli che incontro nessuno si dichiara convinto sostenitore di Clinton – cosa che invece era accaduta piu’ spesso in New Hampshire e Virginia. Dopo tre ore di camminate, bussate e conversazioni politiche torniamo alla base per un altro pasto sponsorizzato. Questa volta di cibo ce n’e’ in abbondanza, cartoni e cartoni di pizza d'asporto. Incuriosita, una signora si avvicina alla pizza per vedere da piu’ vicino il nome del locale stampato sui cartoni: “da dove viene questa pizza?” si chiede ad alta voce. “Faro’ in modo di andarci presto”: apprezza molto il fatto che quella pizzeria abbia donato tutte quelle scatole di pizza, e cerchera’ di ripagare la loro generosita’ andando a trovarli in futuro.
Per un momento assaporo la bellezza di questa scena: tanta gente diversa che si ritrova assieme a lavorare entusiasta ad un progetto per il futuro del paese pensato da un senatore per meta' del Kenya e per meta' del Kansas.
La colazione il sabato mattina e’ una piacevole sorpresa: oltre ai soliti muffins e ciambelle ci sono anche della frutta fresca, dello yogurt, e tanto succo d’arancia. Ed e’ proprio durante questa prima colazione che si nota per la prima volta in questo viaggio l'energia e diversità di questo gruppo. Siamo tre, quattro cento, solamente quelli venuti da Washington, DC. Siamo giovani universitari, trentenni e pensionati; bianchi, neri, e ispanici; appassionati di politica e non. Tutti con lo stesso sogno, la stessa passione, lo stesso obbiettivo.
I membri dello staff di Obama ci danno un po’ di indicazioni e poi via. Via per le strade di Columbus, armati di una lista di nomi e indirizzi, una penna, una manciata di volantini da appendere alle porte, e tanta voglia di parlare con chiunque ci apra in questo freddo sabato di inizio marzo.
Una giovane ragazza americana mi ferma, mentre sto per rientrare in macchina, e mi chiede: “scusa, sei tu che guidi? Ti dispiace se vengo in macchina anch’io? Sono con CNN e voglio registrare un po’ d’immagini per un servizio sulla campagna di Obama qui in Ohio. Sono molto piccola, non occupero’ molto spazio!” La giovane giornalista si e’ guadagnata un posto in macchina, e non e’ una cosa da niente visto che ora siamo in sei schiacciati in un veicolo piu’ europeo come dimensioni che non americano.
Arriviamo nel primo quartiere che ci e' stato assegnato: abitato soprattutto da studenti di Ohio State University, il sabato mattina in pochi paiono in condizioni di rispondere al citofono. La giovane giornalista segue due dei miei amici mentre vanno da porta a porta, e le loro avventure finiranno sul sito CNN.com nel tardo pomeriggio: non mentiva la ragazza!
Il quartiere studentesco fatto di palazzi ed appartamenti non e’ un successo: la maggior parte dei nomi che abbiamo sulla lista non coincidono con le persone che in effetti abitano dietro le porte che stiamo bussando. Gli studenti, d’altra parte, cambiano sistemazione molto spesso.
Finita la prima missione del giorno, chiamiamo la campagna alla ricerca di un passaggio in macchina; in meno di dieci minuti arriva un ragazzo nero di venticinque anni che fa l’avvocato a New York – ci da' un passaggio verso il quartier generale di Obama a Columbus. Io e i miei compagni di avventura cerchiamo di conoscere questo James, e scopriamo che si e’ preso due giorni di vacanza per restare in Ohio fino al martedi’ – giorno dell’elezioni – e seguire le operazioni di voto per verificare che tutto proceda come previsto. Come molti altri laureati in (o studenti di) legge sostenitori di qualsiasi candidato alla Casa Bianca, il suo compito durante l’election day non sara’ andare da porta a porta cercando di far votare il maggior numero di gente possibile, ma invece consistera’ nel sedere ai seggi e accertarsi che non ci siano irregolarità.
Salutiamo James e siamo pronti per il pranzo. Il cibo non e’ ancora arrivato, e sul tavolo nella sala piu’ grande della sede centrale ci sono solo snack piuttosto malsani. Quando finalmente arriva il cibo, ci facciamo due panini veloci, raccogliamo un po’ di patatine qua e la’, e poi ripartiamo per la nostra seconda missione: questa volta finisco in un quartiere di alto livello, popolato da famiglie benestanti. Qui l’atmosfera e’ migliore rispetto alla mia esperienza mattutina, e la gente e’ tutto sommato contenta di vedermi. Addirittura mi capita ben due volte di bussare alla porta di una persona che ha fatto volontariato per la campagna di Obama, e che mi chiede preoccupato se sono sufficientemente riparato dal freddo o se voglio entrare per una bibita calda (verso sera ci aggiravamo attorno ai nove gradi centigradi).
Di quelli che incontro nessuno si dichiara convinto sostenitore di Clinton – cosa che invece era accaduta piu’ spesso in New Hampshire e Virginia. Dopo tre ore di camminate, bussate e conversazioni politiche torniamo alla base per un altro pasto sponsorizzato. Questa volta di cibo ce n’e’ in abbondanza, cartoni e cartoni di pizza d'asporto. Incuriosita, una signora si avvicina alla pizza per vedere da piu’ vicino il nome del locale stampato sui cartoni: “da dove viene questa pizza?” si chiede ad alta voce. “Faro’ in modo di andarci presto”: apprezza molto il fatto che quella pizzeria abbia donato tutte quelle scatole di pizza, e cerchera’ di ripagare la loro generosita’ andando a trovarli in futuro.
Per un momento assaporo la bellezza di questa scena: tanta gente diversa che si ritrova assieme a lavorare entusiasta ad un progetto per il futuro del paese pensato da un senatore per meta' del Kenya e per meta' del Kansas.
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