Washington D.C. - Venerdi' mattina, in una delle sale conferenza situate nel famoso complesso del Watergate, il National Journal, una delle piu' importanti riviste americane di politica, ha organizzato un briefing per illustrare i risultati dell'ultimo sondaggio condotto a proposito dei sentimenti dell'elettorato americano sullo stato della nazione e su questa campagna presidenziale 2008.
Nonostante il rilevamento statistico sia stato condotto tra il 30 aprile e il 3 maggio, dunque immediatamente prima che si tenessero le primarie in Indiana e North Carolina, la fotografia che emerge e' assolutamente attuale e, anzi, aiuta a comprendere le ragioni per cui Hillary Clinton pare avere ormai pochissime speranze di conquistare la nomination democratica.
Innanzitutto, lo studio descrive un paese profondamente insoddisfatto della direzione in cui e' diretto. Il 75% degli intervistati ha infatti dichiarato di pensare che gli Stati Uniti si siano messi sulla corsia sbagliata. Con qualche variazione, questo sentimento e' comune a tutti gli americani. Fra i democratici, addirittura il 90% la pensa in questa maniera. Sono d'accordo invece il 74% degli indipendenti e il 56% dei repubblicani.
Al di la' dei noti livelli altissimi di disapprovazione del lavoro del Presidente Bush (il 64% degli elettori registrati non apprezza l'Amministrazione repubblicana), gli Americani paiono anche delusi dal Congresso, che dal 2006 e' in mano democratica. Il 75% degli intervistati si e' infatti detto insoddisfatto della politica fatta al Campidoglio.
L'economia e' decisamente la preoccupazione piu' sentita dai votanti, un trend emerso con forza quest'anno dopo che a lungo erano stati terrorismo e sicurezza nazionale a farla da padrone. Quanto ai tre candidati ancora in corsa per la Casa Bianca (nonostante anche al briefing si percepisse la senzazione che Clinton sia in procinto di abbandonare), gli elettori intervistati sono egualmente divisi su quale sia il piu' preparato ad affrontare la recessione. Ognuno riceve piu' o meno il 28% delle preferenze in proposito.
Nonostante il rilevamento statistico sia stato condotto tra il 30 aprile e il 3 maggio, dunque immediatamente prima che si tenessero le primarie in Indiana e North Carolina, la fotografia che emerge e' assolutamente attuale e, anzi, aiuta a comprendere le ragioni per cui Hillary Clinton pare avere ormai pochissime speranze di conquistare la nomination democratica.
Innanzitutto, lo studio descrive un paese profondamente insoddisfatto della direzione in cui e' diretto. Il 75% degli intervistati ha infatti dichiarato di pensare che gli Stati Uniti si siano messi sulla corsia sbagliata. Con qualche variazione, questo sentimento e' comune a tutti gli americani. Fra i democratici, addirittura il 90% la pensa in questa maniera. Sono d'accordo invece il 74% degli indipendenti e il 56% dei repubblicani.
Al di la' dei noti livelli altissimi di disapprovazione del lavoro del Presidente Bush (il 64% degli elettori registrati non apprezza l'Amministrazione repubblicana), gli Americani paiono anche delusi dal Congresso, che dal 2006 e' in mano democratica. Il 75% degli intervistati si e' infatti detto insoddisfatto della politica fatta al Campidoglio.
L'economia e' decisamente la preoccupazione piu' sentita dai votanti, un trend emerso con forza quest'anno dopo che a lungo erano stati terrorismo e sicurezza nazionale a farla da padrone. Quanto ai tre candidati ancora in corsa per la Casa Bianca (nonostante anche al briefing si percepisse la senzazione che Clinton sia in procinto di abbandonare), gli elettori intervistati sono egualmente divisi su quale sia il piu' preparato ad affrontare la recessione. Ognuno riceve piu' o meno il 28% delle preferenze in proposito.
In generale, nonostante Obama, Clinton e McCain siano visti positivamente da simili percentuali di popolazione (52%, 46% e 48% rispettivamente), la Senatrice di New York e' fra i tre quella che raccoglie il numero maggiore di critici, con il 48% della popolazione che la vede in chiave negativa, contro il 39% di Obama e di McCain.
Quanto alle elezioni di novembre, nella scelta puramente teorica tra un qualunque candidato democratico e un qualunque repubblicano, dovrebbe essere il primo a conquistare la Casa Bianca, con il 49% degli intervistati che si dicono pronti a votare per il rappresentate del partito dell'asinello contro il 35% che pensa di votare repubblicano. Curiosamente, e' ancora piu' alta la percentuale (53%) di coloro che, indipendentemente dalla propria preferenza, prevedono una vittoria democratica.
Questo significa che esiste un nutrito gruppo di repubblicani che sono convinti di perdere le elezioni di novembre, ma che rimangono comunque fedeli al partito.
Questo sara' uno dei gruppi da osservare piu' da vicino nei mesi che rimangono da qui a novembre, assieme ad un altra parte dell'elettorato che, nonostante si dica insoddisfatta dell'Amministrazione Bush, pare ancora disposta a votare per il candidato del partito dell'elefante. Costoro potrebbero rivelarsi fondamentali ad una vittoria di McCain, dovessero continuare a pensarla cosi', e al contempo potrebbero condannare il Senatore dell'Arizona a sicura sconfitta se venissero convinti a cambiare idea o semplicemente decidessero di non votare in risposta alla frustrazione per la condotta del proprio partito.
Mentre si sta ancora aspettando di sapere chi sara' il vincitore della nomination democratica, a John McCain rimane il problema di mobilitare la propria base, di rienergizzare un elettorato che, per quanto emerge dal sondaggio, mostra seri problemi di autostima e sta attraversando una fase di perdita d'identita'. Non a caso il rilevamento condotto per conto di National Journal mostra che il 42% di coloro che hanno dichiarato che voteranno McCain a novembre lo faranno esclusivamente con lo scopo di votare contro i democratici e solo il 34% (in calo dal 50% in febbraio), si e' detto entusiasta della candidatura.
Una delle maniere in cui questo potrebbe avvenire e' attraverso la scelta del Vice-presidente. Senza dubbio McCain, che e' convinto di poter avere successo con i moderati e gli indipendenti, ha bisogno di trovare qualcuno che raccolga i favori dell'ala piu' a destra del Partito Repubblicano. Dunque, John McCain necessita di un politico di chiara fede conservatrice, possibilimente piu' giovane di lui, e magari piu' ferrato nei temi dell'economia. Un nome che e' stato fatto girare e che parrebbe corrispondere perfettamente a questo profilo e' il governatore della Luisiana Bobby Jindal, nato negli Stati Uniti da genitori immigrati dallo stato del Punjab in India. Una nomina come quella di Jindal potrebbe, inoltre, anche rovinare molto del fascino di Obama come primo candidato alla Presidenza appartenente ad una minoranza etnica.
Quanto alle elezioni di novembre, nella scelta puramente teorica tra un qualunque candidato democratico e un qualunque repubblicano, dovrebbe essere il primo a conquistare la Casa Bianca, con il 49% degli intervistati che si dicono pronti a votare per il rappresentate del partito dell'asinello contro il 35% che pensa di votare repubblicano. Curiosamente, e' ancora piu' alta la percentuale (53%) di coloro che, indipendentemente dalla propria preferenza, prevedono una vittoria democratica.
Questo significa che esiste un nutrito gruppo di repubblicani che sono convinti di perdere le elezioni di novembre, ma che rimangono comunque fedeli al partito.
Questo sara' uno dei gruppi da osservare piu' da vicino nei mesi che rimangono da qui a novembre, assieme ad un altra parte dell'elettorato che, nonostante si dica insoddisfatta dell'Amministrazione Bush, pare ancora disposta a votare per il candidato del partito dell'elefante. Costoro potrebbero rivelarsi fondamentali ad una vittoria di McCain, dovessero continuare a pensarla cosi', e al contempo potrebbero condannare il Senatore dell'Arizona a sicura sconfitta se venissero convinti a cambiare idea o semplicemente decidessero di non votare in risposta alla frustrazione per la condotta del proprio partito.
Mentre si sta ancora aspettando di sapere chi sara' il vincitore della nomination democratica, a John McCain rimane il problema di mobilitare la propria base, di rienergizzare un elettorato che, per quanto emerge dal sondaggio, mostra seri problemi di autostima e sta attraversando una fase di perdita d'identita'. Non a caso il rilevamento condotto per conto di National Journal mostra che il 42% di coloro che hanno dichiarato che voteranno McCain a novembre lo faranno esclusivamente con lo scopo di votare contro i democratici e solo il 34% (in calo dal 50% in febbraio), si e' detto entusiasta della candidatura.
Una delle maniere in cui questo potrebbe avvenire e' attraverso la scelta del Vice-presidente. Senza dubbio McCain, che e' convinto di poter avere successo con i moderati e gli indipendenti, ha bisogno di trovare qualcuno che raccolga i favori dell'ala piu' a destra del Partito Repubblicano. Dunque, John McCain necessita di un politico di chiara fede conservatrice, possibilimente piu' giovane di lui, e magari piu' ferrato nei temi dell'economia. Un nome che e' stato fatto girare e che parrebbe corrispondere perfettamente a questo profilo e' il governatore della Luisiana Bobby Jindal, nato negli Stati Uniti da genitori immigrati dallo stato del Punjab in India. Una nomina come quella di Jindal potrebbe, inoltre, anche rovinare molto del fascino di Obama come primo candidato alla Presidenza appartenente ad una minoranza etnica.
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