Washington D.C. - Human Rigths Watch ha pubblicato martedi' un nuovo rapporto sulle condizioni dei prigionieri a Guantanamo. Gli autori dello studio, Jennifer Daskal and Stacy Sullivan, ne hanno estratto un pezzo per il magazine online Salon.
Piu' della meta' dei 270 detenuti di Guantanamo, compresi molti che hanno gia' ottenuto l'autorizzazione al rilascio o al trasferimento, sono alloggiati nelle strututtre di massima sicurezza create all'interno del campo per i prigionieri non-cooperativi. Costoro hanno diritto a sole due ore di aria fresca e spendono il resto della giornata in celle piccole e buie. I pasti gli vengono consegnati attraverso un'apertura nella porta e, perche' occupino il tempo in qualche modo, tutto quello che gli viene concesso e' solitamente una copia del Corano e un libro o una rivista (spesso in inglese, lingua che molti tra i prigionieri non parlano). Anche la ricreazione, che non di rado viene autorizzata nel mezzo della notte, si svolge all'interno di gabbie individuali, cosicche' i prigionieri non possano interagire fisicamente l'uno con l'altro. Nessuno di loro ha potuto ricevere visite di familiari, e un numero molto limitato e' stato autorizzato a telefonare a casa.
Il risultato, nell'opinione degli avvocati che si stanno occupando del caso, e' che i loro clienti gia' soffrono di problemi di salute mentale seri e preoccupanti. Si sono verificati numerosi tentativi di suicidio, qualche prigioniero ha provato piu' volte. Altri dicono di avere visioni e di sentire voci. Altri ancora mostrano chiari segni di depressione e ansieta'.
Dato che il Dipartimento della Difesa americano (DoD) non permette a nessuno, giornalisti o impiegati delle organizzazioni non governative, di visitare il campo o parlare ai prigionieri, e' difficile avere un'idea accurata di cosa succeda a Guantanamo. Per di piu', DoD ha spesso rifiutato l'ingresso alla prigione a psicologi esterni, e quindi mancano degli esami seri per stabilire le condizioni di salute mentale dei detenuti.
Dato che il Dipartimento della Difesa americano (DoD) non permette a nessuno, giornalisti o impiegati delle organizzazioni non governative, di visitare il campo o parlare ai prigionieri, e' difficile avere un'idea accurata di cosa succeda a Guantanamo. Per di piu', DoD ha spesso rifiutato l'ingresso alla prigione a psicologi esterni, e quindi mancano degli esami seri per stabilire le condizioni di salute mentale dei detenuti.
Attraverso ripetuti colloqui con gli avvocati dei prigioniri, Human Rights Watch e' comunque riuscito a raccogliere una quantita' di informazioni sufficiente a lanciare l'ennesimo allarme su quello che sta capitando a Guantanamo.
Nel rapporto si racconta ad esempio la storia di Ahmed Belbacha, trentanovenne algerino che e' detenuto a Guantanamo dal marzo 2002. Belbacha e' stato autorizzato a lasciare il campo ma e' impossibilitato a fare cio'. L'Algeria rifiuta di riprendersi i detenuti rilasciati. Inoltre, anche se il rimpatrio fosse possibile, Belbacha si dice terrorrizzato di venir torturato dovesse rientrare nel proprio paese e ha domandato alle corti federali americane di bloccare il suo rilascio. Per ora rimane a Guantanamo, visto che nessun altro paese si e' offerto di accoglierlo. Sta rinchiuso nella sua cella senza finestre per 22 ore al giorno e ha tentato il suicidio lo scorso dicembre.
Nel rapporto si racconta ad esempio la storia di Ahmed Belbacha, trentanovenne algerino che e' detenuto a Guantanamo dal marzo 2002. Belbacha e' stato autorizzato a lasciare il campo ma e' impossibilitato a fare cio'. L'Algeria rifiuta di riprendersi i detenuti rilasciati. Inoltre, anche se il rimpatrio fosse possibile, Belbacha si dice terrorrizzato di venir torturato dovesse rientrare nel proprio paese e ha domandato alle corti federali americane di bloccare il suo rilascio. Per ora rimane a Guantanamo, visto che nessun altro paese si e' offerto di accoglierlo. Sta rinchiuso nella sua cella senza finestre per 22 ore al giorno e ha tentato il suicidio lo scorso dicembre.
Il rapporto di Human Rights Watch riporta anche la storia di Mohammad El Gharani, che fu arrestato in una moschea a Karachi, in Pakistan, quando aveva solo 15 anni. Eppure fu considerato venticinquenne e internato da adulto all'inizio del 2002. Oggi El Gharani ha ventunanni e negli ultimi due anni e' stato detenuto in due tra le piu' rigide sezioni di Guantanamo. I suoi avvocati raccontano che il loro cliente ha gia' tentato il suicidio sette volte, tagliandosi le vene, sbattendo la testa contro le pareti della cella e cercando di impiccarsi.
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